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ETUDES PALESTINIENNES,  N° 8, 1983, pp. 89-92

 

«Nazistificazione»

 Israel Shahak

 

Tradotto dal francese da Mauro Manno, membro di Tlaxcala, rete di traduttori per la diversità linguistica (tlaxcala@tlaxcala.es). Questa traduzione è in Copyleft.  

 

 

Un paese si  nazistifica  quando delle idee, che non è conveniente di solito esprimere nella buona società, acquistano improvvisamente diritto di cittadinanza nella stampa, in Parlamento, sulla bocca di gente importante. É secondo me quello che sta succedendo in Israele dove alcune affermazioni hanno acquisito una sorta di «normalità». So che il termine di nazistificazione disturba, visto che per la maggior parte della gente il nazismo significa, ben inteso, Auschwitz, le camere a gas ... So ugualmente che gli apologisti di Begin affermano che, malgrado tutte le atrocità della guerra in Libano, Israele non fa ricorso alle stesse pratiche dei nazisti. Io risponderei che il regime hitleriano nelle sue prime fasi non aveva ancora istituito i campi della morte e che durante gli anno 1935-1939 le vittime ebraiche dei  pogrom in Polonia erano certamente più numerose di quelle di Hitler in Germania. Hitler all’inizio faceva forse meno vittime di altri, ma nel frattempo costruiva il peggiore dei regimi. Affermando che alcuni gruppi non facevano parte della razza umana, che alcuni cittadini tedeschi perdevano per questo la loro cittadinanza, che il pianeta era popolato di razze distinte e gerarchizzate, il nazismo preparava la strada per Auschwitz. Per me Begin è oggi una sorta di Hindenburg, mentre Sharon e Eytan mi fanno pensare molto proprio a Hitler, così come la pratica israeliana nei territori occupati e in Libano mi sembrano molto vicine a quelle dei nazisti nei confronti degli ebrei durante il periodo dal 1935 al 1939.[1]  E l’esistenza contestuale di un certo numero di azioni positive in Israele, non cambia nulla. Così, tanto per dare un esempio, la recente decisione della Corte Suprema israeliana che ha scavalcato la volontà del governo e ha  permesso ai giornalisti israeliani della radio-televisione di intervistare dei palestinesi, anche vicini all’OLP, può benissimo in questo periodo che per me rappresenta un periodo di crescita dei pericoli, coesistere con pratiche analoghe a quelle che hanno caratterizzato la crescita del nazismo in Germania. In Israele, c’è Ansar, ci sono i campi di tortura e simultaneamente ci sono dei tribunali che continuano a giudicare con una buona dose di legalità.

Non bisogna sottostimare la gravità di certe dichiarazioni dei dirigenti israeliani. Quelle di Sharon, o di Begin, il quale ritiene che un «palestinese è un animale a due zampe», sono ben note. Ma non so se le affermazioni del generale Eytan, che in Israele è più popolare di quanto si creda, siano anch’esse conosciute dal pubblico all’estero. Eytan che dichiara regolarmente alle sue truppe che «un buon arabo è un arabo morto», che afferma che tutti gli arabi devono essere sterminati o espulsi, che ha sempre preconizzato le punizioni collettive, fino ad ora non ha mai dovuto affrontare una sola opposizione di un qualsiasi membro dell’establishment politico, né del Likud, né dei laburisti. Per il generale attuale Capo di Stato Maggiore dell’esercito israeliano, gli arabi, tutti gli arabi e non solo i palestinesi, formano una categoria umana particolare e a questo titolo meritano un «trattamento» a parte. Questo metodo è comune a Eytan e ai nazisti, somiglia molto ai metodi che si usano abitualmente per ammaestrare gli animali. Questi ultimi non possedendo nessuna «umanità», non posseggono neanche quel valore intrinseco che di solito garantisce ad ogni essere umano, indipendentemente dal sistema nel quale vive, un certo numero di diritti inalienabili. Per Begin e Eytan tutti gli arabi sono animali. [2]

Vorrei parlare di un episodio per dimostrare fino a che punto la nazistificazione è orribile, come essa supera in orrore una situazione precedente in Israele, che già non era particolarmente allegra. Tipica dell’atteggiamento di Eytan riguardo agli arabi, la faccenda si può riassumere in questo modo. Un anno fa, una ragazzina della località di Bat Yam, a sud di Tel Aviv, è stata ritrovata assassinata e fatta a pezzi. L’assassino non è stato mai trovato. All’inizio del mese di marzo del 1983, mentre parlava a degli scolari, improvvisamente, Eytan dichiarò che l’assassino era un palestinese dell’OLP e che questa organizzazione imponeva ai suoi membri di violentare e assassinare le ragazzine ebree. Aggiunse che egli era in possesso di informazioni riguardanti un crimine analogo commesso da un arabo contro un’altro bambino. La dichiarazione fu uno shock. Il giorno dopo la polizia smentì le dichiarazioni di Eytan; dopo la polizia fu il turno del Ministro dell’Interno Burg, poi del Procuratore Generale Zammir e infine dello stesso Shin Beth. M a nulla valse tutto ciò, ad ogni smentita Eytan tornava alla carica e confermava le sue accuse. La faccenda prese una proporzione un po’ folle. Ogni mattina c’era una smentita sui giornali ed ogni sera Eytan ripeteva le sue accuse.Ma c’è una cosa più grave di questa. Pensate che ci sia stato un solo politico del Likud o del Partito Laburista che abbia contraddetto Eytan? Burg lo attaccò, il Mapam, il Rakah, lo Shelli ... ugualmente, ma non una voce del Likud o del Partito Laburista si fece sentire. La nazistificazione è diventato un fenomeno di società. Questo generale le cui dichiarazioni sono degne di un nazista è troppo importante per essere attaccato. E a questo punto non posso non tracciare un altro parallelo. Quando Hitler giunse al potere, molti politici tedeschi si permettevano di criticarlo, ma mai per il suo razzismo. Negli anni ’30, il razzismo era troppo popolare perché si criticasse l’antisemitismo di Hitler.

Gli ultimi due mesi, numerosi avvenimenti hanno illustrato i nuovi grandi cambiamenti della società israeliana. Due settimane fa,partecipavo alla commemorazione del 30° giorno della morte del militante di «Peace Now», ucciso da una bomba. Eravamo a Gerusalemme, il nostro corteo di più di 2.000 manifestanti, ad un certo momento, incrociò un gruppo consistente di giovani fanatici del Gush Emunim, tutti askenaziti, che urlavano senza sosta solo una parola: «Begin! Begin!». Con noi c’era un piccolo gruppo di ebrei orientali che occupava il centro del corteo. Quando quelli del Gush Emunim li videro, smisero di gridare «Begin! Begin!» e si misero a gridare «Arabi! Arabi!». Questo termine è diventato un insulto pubblico contro degli ebrei! Dovete solo lanciare questa parola senza aggiungere altro.

Nella cittadina di Netivot, vicino Gaza, l’assassinio di un gioielliere portò all’espulsione di qualche arabo che vivevano in quel luogo. La stampa, si interessò all’episodio e i giornalisti vi condussero diverse inchieste. Tra le loro «scoperte», si scoprì che nella faccenda erano implicati dei giovani smobilitati dall’esercito.. Le loro convinzioni? «L’odio per gli arabi ci unisce», oppure «Alcuni lavori spettano solo agli arabi». Si trattava forse di quei lavori ritenuti «duri» o «sporchi? Si certo ma non solo questo. Il ragionamento di quei giovani israeliani sembrava fondarsi principalmente sulla loro convinzione che gli ebrei dovevano solo supervisionare e dirigere il lavoro degli arabi, che quest’ultimi avevano bisogno di capomastri «brutali». É vero che quei giovani avevano tutti effettuato il loro servizio militare nei territori occupati oppure in Libano... Le stesse inchieste giornalistiche hanno messo in rilievo che quei giovani preferivano essere disoccupati piuttosto che fare un «lavoro da arabi». Una parte della disoccupazione dei giovani dopo il servizio militare, oggi in Israele, dipende da questo tipo di convinzione.

Oggi, l’odio dell’arabo non è condannato dal potere in Israele. Tutti i dirigenti sono d’accordo per strombazzare che gli ebrei non devono odiarsi tra di loro, nessuno condanna l’odio dell’arabo.

Penso che una parte importante della società israeliana si sta nazistificando e che questo sia utile al governo Begin. Perché esso ha bisogno di fornire ogni anno ai suoi sostenitori una vittoria sugli arabi. Nel 1981, fu il bombardamento del reattore nucleare in Iraq; nel 1982, l’invasione del Libano. Che ci dobbiamo aspettare per il 1983? Non so quale sarà la sua trovata; ma è certo che Begin colpirà quest’estate.

Israele oggi è diviso tra due poli di importanza disuguale. Penso che dal 50 al 60 % degli israeliani seguano Begin, e che 20% si oppongano alla sua politica. Riguardo a quest’ultimi, vorrei dire che il Movimento «Peace Now», alle cui posizioni io non aderisco completamente, secondo me, costituisca comunque uno dei principali oppositori della nazistificazione. Anche coloro che tra i suoi membri non sono favorevoli alla nascita di uno Stato palestinese considerano tuttavia che un palestinese è un essere umano e che come tale ha diritti inalienabili. Per tornare alla polarizzazione della società, si deve dire che tra coloro che appoggiano e coloro che si oppongono a Begin, c’è una massa fluttuante che non ha ancora deciso da che parte stare. Ma credo che sarà costretta a farlo molto rapidamente.

Oggi Israele è al massimo della sua potenza. E l’offensiva totalitaria in corso è ben lontana dall’essere conclusa. Vedo due cause principali: La prima è che gli Stati Uniti continuano ad aiutare il governo israeliano, malgrado Sabra e Chatila, malgrado tutti gli orrori quotidiani dell’occupazione israeliana del Libano, malgrado la sua annessione rampante della Cisgiordania e Gaza. La seconda causa, altrettanto grave, è la divisione profonda degli arabi.

Ma una cosa, una sola, può sconfiggere oggi la nazistificazione, ed è la resistenza libano-palestinese nel paese dei cedri. Quando i nazisti israeliani affermano che gli arabi comprendono solo il linguaggio della forza, è in realtà di loro stessi che stanno parlando. Se alcuni partigiani di Begin oggi si pongono qualche domanda, ciò avviene unicamente perché la resistenza libano-palestinese si va rafforzando. Se questa resistenza continua, la macchina infernale israeliana sarà bloccata; altrimenti temo che Begin si lanci in una nuova avventura omicida.

 

 

Poscritto a cura del traduttore

 

Le prime 13 righe del brano di Shahak, se si toglie la parola Begin e la si sostituisce con Olmert, potrebbero essere perfettamente valide ai nostri giorni. Ancora una volta abbiamo assistito a crimini di guerra e crimini contro l’umanità da parte di Israele nel paese dei cedri; è la terza invasione. Ancora una volta escono allo scoperto «gli apologisti» di Israele affermando «che, malgrado tutte le atrocità della guerra in Libano, Israele non fa ricorso alle stesse pratiche dei nazisti». A questi apologisti bisogna rispondere con le parole con le quali Shahak risponde agli apologisti di Begin nel 1983. Poi ci sono gli ipocriti: coloro che affermano che Israele, tutt’al più, «esagera» o fa un uso «sproporzionato» della forza militare. Costoro si ribellano e si indignano se si paragonano le azioni di Israele alle azioni del nazismo. Essi sostengono senza vergogna che i crimini degli occidentali e dei sionisti, oggi, non possono essere paragonati né al «terrorismo», essendo questo una prerogativa degli islamici, né ai crimini nazisti.

 

Oggi è di moda dire che gli islamici sono i moderni nazisti. Sappiamo che i neoconservatori sionisti nell’amministrazione Bush, gli uomini di Israele alla guida della politica estera americana, hanno inventato il termine «islamo-fascismo». Gli «islamo-fascisti» o «terroristi» devono essere, secondo loro, annientati con la guerra contro il terrore perché rappresentano un pericolo uguale a quello dei nazisti. L’Occidente si deve unire nella guerra al terrore contro gli «islamo-fascisti».

In questa logica imperiale e sionista, osare paragonare il bombardamento di Qana in Libano, dove sono morti decine di bambini e decine di civili, ad alcune stragi naziste in Italia è semplicemente inaccettabile. É scandaloso, è vergognoso, non piace ai sionisti e allora i nostri ipocriti del governo di ‘sinistra’ si ribellano. Ma si ribellano solo perché hanno fatto propria la logica imperiale sionista. Shahak invece ci dice che è la resistenza libanese e quella palestinese che salvano Israele dalla nazistificazione.

 

Eppure i fatti hanno una loro sostanza al di là delle parole con cui si vuole definirli.

A Marzabotto nel 1944 i nazisti fucilarono migliaia di persone inermi perché ritenevano che costituissero l’ambiente favorevole in cui si muovevano i partigiani che colpivano gli occupanti tedeschi. Con Marzabotto e con ogni altro massacro nazista, i generali hitleriani volevano dare un esempio affinché i civili non sostenessero i partigiani ma, se possibile, si staccassero da essi e, per paura di rappresaglie, li denunciassero. Le rappresaglie servono a questo. I nazisti, naturalmente non «esagerarono», non usarono la forza in modo «sproporzionato»; agirono come agiscono di solito gli occupanti che si vedono rivoltare contro le vittime delle loro esazioni di occupanti.

Qual’è la differenza con i crimini che Israele commette tutti i giorni in Palestina e, di tanto in tanto, pure in Libano e in altri paesi arabi?

I  bombardamenti in Libano o a Gaza, sui civili, sulle infrastrutture economiche e logistiche, non hanno forse lo scopo di far staccare le popolazioni civili dai combattenti di Hamas o Hezbollah? O sono solo errori dovuti alle bombe poco intelligenti e non laureate? Sono «esagerazioni», azioni «sproporzionate» per ottenere la liberazione di due soldati israeliani quando ci sono migliaia di prigionieri libanesi e palestinesi nelle carceri israeliane? O è solo la solita logica degli occupanti e cioè: «noi abbiamo il diritto di occupare le vostre terre e voi non avete il diritto di ribellarvi. Per uno dei nostri, cento o mille dei vostri».

In Libano si vogliono disarmare le milizie di Hezbollah e gli sciiti. Allora si bombardano le regioni abitate dagli sciiti, nel sud, a Beirut, ma anche le regioni abitate dai cristiani (spesso nel passato alleati di Israele). Il messaggio è chiaro: agli sciiti si dice «non appoggiate la resistenza»; ai cristiani si dice «cosa aspettate ad attaccare gli sciiti?» E i complici di Israele in Occidente dimenticano che i cristiani libanesi hanno anch’essi le loro milizie, e anche i Drusi. Si vuole un’altra guerra civile per favorire lo Stato sionista?

É solo una «esagerazione» da parte di Israele o invece una tattica nazista di sterminio dei propri nemici per regnare eternamente da padrone in Medio Oriente?

E infine ci chiediamo:

Perché l’Unione delle Comunità Islamiche in Italia (Ucoii) non può dire che gli israeliani si comportano come nazisti e lo può fare solo qualche ebreo antisionista? Dobbiamo chiedere il permesso a Israele e ai sionisti per dire quello che appare chiaramente essere la pura e semplice verità? L’uso della falsa accusa di antisemitismo è diventata patrimonio dell’Occidente? Solo gli ebrei antisionisti possono dire quello che è evidente al mondo intero. Questa stortura micidiale uccide la libertà di parola e di critica i quei paesi che pur si vantano di contrapporre questo principio democratico ai paesi islamici e al resto del mondo. 

 


 


[1] Dal 1935 al 1339, nella Germania nazista non ci furono espulsioni di ebrei. C’era un patto tra nazisti e sionisti di Palestina (laburisti), denominato in ebraico Ha’avara, che favoriva l’emigrazione ebraica esclusivamente in Palestina in cambio dell’acquisto di prodotti tedeschi da parte dei coloni sionisti. L’emigrazione doveva però avere come unica destinazione la Palestina, questa era la condizione posta dai sionisti. Il tutto si svolgeva contemporaneamente al boicottaggio dei prodotti tedeschi che gli ebrei (non-sionisti) del mondo facevano negli stessi anni. Nel 1983, quando scrive Shahak, i sionisti avevano già espulso dalla loro terra 750.000 palestinesi nel 1948 e praticavano una politica di oppressione nei confronti dei palestinesi dei territori occupati dal 1967, da 16 anni. Oggi gli anni sono 39 (nota del traduttore).

[2] Ci chiediamo cosa succederebbe se il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito di uno stato dell’Occidente dichiarasse che «tutti gli ebrei sono degli animali» (nota del traduttore).

 

 

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